L’amore è una cassiera nell’ombra

Si scrive un libro per dimenticare la mancanza di una soluzione, o riscoprirla fra le righe di una liberazione. Liberazione dal tema più che da una singola iattura, delusione o anelito frustrato.

Il tema di questo libro, di questo scrivere è l’intimità, non intesa come pura aspirazione ad una fisicità negata, ma come ricerca dell’intimo sentire, risalire come un salmone nei labirinti sentimentali dell’uomo, in quelle virgole di emozione che spesso danno ragione ad una vita intera.

L’intimità è il dna della forma post-moderna della conoscenza. “O si è intimi o si resta soli”, come dice Donato Di Poce. E così è un gesto di intimità quello di scrivere sui muri messaggi strettamente personali, esternazioni verso una singola persona, delle quali si vuole mettere a conoscenza una città intera o un mondo intero. E’ ricerca di intimità massacrarsi in rapporti virtuali di cui tutti, e non solo gli hacker, gli sniffatori di emozioni altrui, abbiano a saperne. Internet è il grado più elevato finora raggiunto in termini di intimità, cercata, non subita, inseguita, per rompere l’atroce silenzio della solitudine. I cellulari, sono un altrettanto corposo invito all’intimità, gli sms, il che fai, dove stai, dove vai, ora.

Una volta l’intimità era custodita, celata, nascosta, condivisa in una fedeltà ante litteram di partecipazione sussurrata, a luci spente. Ora è volgarizzata, smembrata in miriadi di messaggi pubblici, elargita ad uno qualsiasi, purché si mostri un minimo accondiscendente verso l’altrui fregola di cambiare identità, sempre e comunque, e poter diventare star del proprio palcoscenico esclusivo, della propria storia unica, quasi sempre d’amore. Qualunque sia il background sentimentale e affettivo si sente il bisogno di una nuova storia, di un nuovo amore, per paura di essere seppelliti nell’anonimato dell’amore vero, quello che non ha bisogno di spot pubblicitari, quello che svolge a ritroso il cammino verso l’intimità, ma proprio per questo svela alla fine l’atroce solitudine dei segni e dei segnali.

Scrivere, spiattellare è, oltre che ludibrio della forma narrata, affabulata, cromaticamente spesa, un esercizio di esorcismo dell’intimità scoperta, per la riconquista della forma primigenia dell’amore vissuto, inteso, compreso, più che programmato in una scaletta televisiva che quota la fama dell’individuo inesistente. Il Virtuale è questo, credere nel sogno di plastica degli abili venditori di debiti, e non contattare una persona che dall’altro capo del mondo ha semplicemente bisogno di noi.

E che il Virtuale si risolva spesso in una amorevole bolla di sapone poco importa, bisogna capire, sviscerare, scomporre il mistero della ricerca spasmodica nel corpo globale di qualcosa che è, è stato, e sarà sempre tanto vicino a noi da farci lo sgambetto, e farci rovinare sul qui e sempre delle cose dette, quelle che non vanno ripetute, mai, pena l’angoscia dell’errore, vero deus ex machina che ci svia verso l’ombra dell’amore anziché verso la luce delle mani nelle mani.

Sergio Gabriele

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